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Cassazione, ordinanza 29 marzo 2023, n. 8816, sez. I civile

SOCIETÀ - Delibera dell'assemblea - Successiva ratifica - Impugnazione di entrambe in giudizio - Efficacia sanante della ratifica - Valutazione del giudice di merito - Necessità.


Va considerato, infatti, che la disposizione dell'attuale art. 2377, comma 8, c.c. (analoga a quella contenuta nell'ultimo comma del medesimo articolo nel testo anteriore alla riforma apportatagli dal D.lgs. n. 6 del 2003), - applicabile anche nelle ipotesi di nullità delle deliberazioni assembleari di cui all'art. 2379 c.c. giusta lo specifico richiamo ad esso contenuto nell'ultimo comma di quest'ultimo articolo - secondo cui l'annullamento della deliberazione assembleare "non può aver luogo se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto", costituisce una fattispecie di sopravvenuta carenza di interesse delle parti alla naturale conclusione del giudizio, la quale, nel precludere al giudice di far luogo all'annullamento della deliberazione in tutti i casi in cui essa è stata sostituita da altra delibera "conforme alla legge ed allo statuto", gli attribuisce, pertanto, il potere di verificare se ricorrono le condizioni di legge impeditive della pronuncia di annullamento, al di là delle conclusioni assunte dalle parti. In altri termini, "è onere del giudice estendere il suo esame alla nuova delibera per verificare se sia stata eliminata la precedente causa di invalidità e se tale deliberazione sia stata adottata in conformità alla legge e allo statuto. Poiché una nuova deliberazione nulla o annullabile non sarebbe idonea ad impedire l'annullamento della deliberazione impugnata, il giudice investito del giudizio di impugnazione di una delibera assembleare deve, ai limitati fini della ratifica - rinnovazione, accertare se la deliberazione ratificante sia immune da vizi, anche se contro di essa non sia stata proposta autonoma impugnativa. Nel caso, poi, in cui il vizio da cui sia affetta la delibera impugnata non si riferisca al procedimento di approvazione, ma riguardi la disciplina sostanziale adottata, che si assume essere contraria alla legge o allo statuto, il giudice dovrà verificare se la nuova deliberazione detti una disciplina effettivamente idonea a rimuovere detto vizio".

Il provvedimento di approvazione della delibera di revoca ai sensi dell'art. 2400, comma 2, c.c. è atto di volontaria giurisdizione costituente la fase necessaria e terminale di una vera e propria sequenza procedimentale preordinata alla produzione dell'effetto della revoca. L'art. 2400, a presidio dell'indipendenza dei sindaci connessa con la tutela di interessi generali affidata alla funzione di controllo da essi esercitata, stabilisce, da un lato, che essi possono essere revocati solo in presenza di giusta causa - a differenza di quanto l'art. 2383 c.c. dispone per gli amministratori -, dall'altro che la obiettiva ricorrenza di tale situazione deve essere in ogni caso verificata dal Tribunale - con la sommarietà propria dei giudizi camerali - perché la fattispecie della revoca venga a compimento. L'esito positivo di tale necessaria verifica sommaria, quale elemento della fattispecie complessa regolata dalla norma codicistica suindicata, opera evidentemente su un piano diverso da quello dell'eventuale successivo giudizio di impugnazione della delibera in sede contenziosa (artt. 2377 e ss. c.c.), del quale costituisce solo il presupposto di ammissibilità. Giudizio che, dunque, non solo non può ritenersi precluso dalla emissione del decreto di approvazione in sede onoraria, ma neppure vincolato dal contenuto della verifica sommaria compiuta in tale sede, che come tale non è suscettibile di acquisire la natura di res iudicata.