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Cassazione, ordinanza 16 ottobre 2014, n. 21942, sez. VI – 1 civile

SOCIETÀ DI CAPITALI - Assemblea dei soci – Deliberazioni.

 

La nullità delle deliberazioni dell'assemblea delle società per azioni per illiceità dell'oggetto, ai sensi dell'art. 2379 cod. civ. – nella fattispecie applicabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche introdotte dal D.lgs. n. 6 del 2003 - ricorre solo in caso di contrasto con norme dettate a tutela dell'interesse generale, tale da trascendere quello del singolo socio, mentre il contrasto con norme, anche cogenti, rivolte alla tutela dell'interesse dei singoli soci o di gruppi di essi determina un'ipotesi di semplice annullabilità della deliberazione. Pertanto, dato che il diritto di opzione è tutelato dalla legge solo in funzione dell'interesse individuale dei soci (a mantenere inalterata la propria partecipazione percentuale nella società), è annullabile - e non affetta da nullità - la deliberazione che sacrifichi il diritto di opzione, anche se al solo scopo di azzerare fraudolentemente la partecipazione del socio alla società, dovendosi ritenere che in quest'ultimo caso sia configurabile un eccesso di potere, inteso come violazione del canone di buona fede nell'esecuzione dei rapporti contrattuali, al quale consegue l'annullabilità dell'atto.

Il diritto di opzione che il socio, nel caso di aumento di capitale, può vantare nei confronti della società, pur potendo esso riflettersi, in concreto, sull'interesse degli altri soci nella misura in cui ne possa risultare modificato il rapporto proporzionale di partecipazione al capitale della società, investe unicamente il rapporto intercorrente tra colui che si pretende titolare del diritto di opzione e la società, sulle cui azioni o quote l'opzione è destinata ad esercitarsi, e non si atteggia quindi come controversia tra soci.