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Categoria: NOTAIO

Cassazione, sentenza 12 novembre 2018, n. 28905, sez. II civile

PROFESSIONISTI - Notai – Sanzioni disciplinari – Destituzione dal servizio – Durante la dispensa volontaria dalle funzioni – Ammissibilità – Motivi – Iniziativa del procedimento disciplinare – Natura amministrativa – Trascrizione – Termine per l’adempimento – Assolvimento - Giudizio rimesso al giudice del merito.

La dispensa per rinuncia ex art. 31 legge notarile, la quale venga disposta nei confronti di un notaio in pendenza di giudizio d’impugnazione di un provvedimento disciplinare pronunciato dalla Commissione amministrativa regionale di disciplina, e comunque prima del passaggio in giudicato della pronuncia sulla sanzione disciplinare, non comporta la cessazione della materia del contendere e, quindi, l’inammissibilità dell’impugnazione per sopravvenuto difetto d’interesse, in considerazione dell’incidenza di detta sanzione su posizioni inerenti al quiescente status del notaio dispensato per rinuncia.

Il Consiglio notarile, quando assuma l’iniziativa del procedimento disciplinare, sia portatore di un interesse all’esatta applicazione della sanzione, che deriva dalla spettanza in capo all’Ordine del compito di elaborare i principi di deontologia professionale (la cui enunciazione è rimessa istituzionalmente al Consiglio Nazionale del Notariato dall’art. 2, lett. f, legge 3 agosto 1949, n. 577), e di vigilare che tali regole siano osservate insieme a quelle poste dal legislatore. Peraltro, il potere disciplinare del Consiglio notarile non si esercita attraverso un’attività giurisdizionale, avendo tale funzione natura amministrativa, in quanto svolta, nei confronti di appartenerti ad un gruppo organizzato, da un organo che ne è diretta emanazione ed opera al suo interno, per violazione di interessi propri dello stesso, mentre l’intervento della giurisdizione avviene successivamente all’esercizio del potere disciplinare del gruppo, a garanzia esclusiva dei singoli, ed ha luogo mediante l’esame dell’atto che ha definito il procedimento disciplinare.

Il legislatore – stabilendo, nel comma primo dell’art. 2671 c.c., che il notaio o altro pubblico ufficiale che ha ricevuto o autenticato l’atto soggetto a trascrizione, ha l’obbligo di curare che questa venga eseguita “nel più breve tempo possibile” – ha certamente escluso la predeterminazione, per tale adempimento, di un termine unico, applicabile in tutti i casi, con la conseguenza che, dovendo il notaio usare, nell’assolvimento dell’obbligo suddetto, quella particolare sollecitudine imposta dall’importanza della formalità e dall’esigenza della più pronta tutela dell’interesse delle parti, indipendentemente da un’esplicita richiesta delle stesse, spetta al giudice del merito di stabilire di volta in volta – tenendo conto della particolarità del caso concreto, della natura dell’atto e di ogni altra utile circostanza attinente sia ai tempi ed ai mezzi di normale impiego per l’esecuzione della trascrizione sia alle evenienze non imputabili al notaio – se l’indugio frapposto dal professionista giustifichi l’affermazione della sua responsabilità verso il cliente, tenuto conto che detta responsabilità ha natura contrattuale e che il notaio è tenuto ad espletare l’incarico che le parti gli affidano con diligenza media di un professionista sufficientemente preparato, secondo quanto dispone l’art. 1176, comma 2, c.c.