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Cassazione, ordinanza 3 dicembre 2020, n. 27665, sez. V

Imposta sulle successioni e le donazioni – liberalità indirette.

L'art. 56-bis, comma 1, d.lgs. 346/1990 va interpretato nel senso che le liberalità diverse dalle donazioni (e da quelle risultanti da atti di donazione effettuati all'estero a favore di residenti), ossia tutti quegli atti di disposizione mediante i quali viene realizzato un arricchimento (del donatario) correlato ad un impoverimento (del donante) senza l'adozione della forma solenne del contratto di donazione tipizzato dall'art. 769 c.c., e che costituiscono manifestazione di capacità contributiva, essendo irrilevante a tali fini la formale stipula di un atto e viceversa rilevante il fatto economico provocato dal trasferimento da un patrimonio ad un altro, sono accertate e sottoposte ad imposta in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall'interessato nell'ambito di procedimenti diretti all'accertamento di tributi, se sono di valore superiore alle franchigie oggi esistenti. Per le fattispecie di liberalità imponibili, come individuate, l'aliquota da applicare è quella dell'8 per cento, che costituisce attualmente la percentuale massima prevista dalla legge, a prescindere dal rapporto di parentela del beneficiario, così da mantenere la funzione latamente sanzionatoria contemplata dal legislatore (l'aliquota del 7% non esiste più e non appare coerente "mescolare" tra loro aliquote e franchigie vecchie e nuove). Con riguardo alla registrazione volontaria prevista dall'art. 56-bis, 0comma 3, il rinvio operato alle aliquote di cui all'art. 56 (disposizione espressamente abrogata, nel D.L. n. 262 del 2006, commi da 1 a 3), deve ora essere inteso come riferito alle nuove aliquote e franchigie introdotte dall’art. 2, D.L. 262 del 2006, commi 49 e 49 bis, così da mantenere il regime impositivo più favorevole riservato al contribuente totalmente collaborativo.