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Categoria: FALLIMENTO

Cassazione, sentenza 14 dicembre 2016, n. 25736, sez. I civile

FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - SOCIETA' E CONSORZI - SOCIETA' CON SOCI A RESPONSABILITA' LIMITATA - Confisca del "capitale sociale" - Art. 2-ter della l. n. 575 del 1965 - Oggetto - Quote di partecipazione dell'indiziato - Estensione al patrimonio della società - Esclusione - Conseguenze in tema di fallimento.
In tema di fallimento della società di capitali, la confisca del "capitale sociale", disposta ai sensi dell'art. 2-ter della l. n. 575 del 1965, deve intendersi riferita alle quote di partecipazione dell'indiziato di mafia, non al patrimonio sociale, cosicché essa non interferisce con la dichiarazione di fallimento della società; neppure rileva, agli effetti di tale dichiarazione, che il creditore sociale non dimostri la propria buona fede nell'acquisto del titolo sui beni aziendali, in quanto tale stato soggettivo incide esclusivamente sui conflitti interni alla procedura di confisca, mentre i beni aziendali non sono colpiti in modo diretto da questa, al pari della società in sé considerata.
FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - APERTURA (DICHIARAZIONE) DI FALLIMENTO - PROCEDIMENTO - AUDIZIONE DELL'IMPRENDITORE Quote o beni di una società di capitali - Sottoposizione a sequestro penale o a custodia giudiziale - Convocazione dell'amministratore della società - Sufficienza - Partecipazione al procedimento del custode dei beni - Necessità - Esclusione - Fondamento.
La sottoposizione dei beni o delle quote di una società di capitali a sequestro penale, preventivo o di prevenzione, o, comunque, a custodia giudiziale non rende il custode (o l'amministratore) giudiziale contraddittore necessario nel procedimento diretto alla dichiarazione di fallimento, per la validità del quale è sufficiente la convocazione dell'amministratore della medesima società, che resta nella titolarità di tutte le funzioni non riguardanti la gestione del patrimonio. D'altronde, anche l’istanza prefallimentare rientra tra le attività conservative di quest'ultimo e la stessa dichiarazione di fallimento non comporta l'estinzione della società, ma solo la liquidazione dei beni, con conseguente legittimazione processuale dell'organo di rappresentanza a difendere gli interessi dell'ente nell'ambito della procedura fallimentare, senza necessità della preventiva autorizzazione dell’assemblea, né reca alcun pregiudizio alla procedura di prevenzione patrimoniale, diretta alla confisca dei beni aziendali (sia quando il fallimento sia stato pronunciato prima del sequestro penale, sia quando sia stato dichiarato successivamente), dovendo essere privilegiato l'interesse pubblico perseguito dalla normativa penalistica rispetto all'interesse meramente privatistico della "par condicio creditorum" perseguito dalla normativa fallimentare.