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Cassazione, sentenza 21 giugno 2023, n. 17755, sez. II civile

SUCCESSIONI - Donazioni ricevute dal defunto - Collazione per imputazione - Ingresso dei beni nella massa - Esclusione - Obbligo di versare la differenza di valore - Sussistenza.


Quando il coerede, nell'esercizio della facoltà di scelta attribuitagli dalla legge, preferisce il conferimento per imputazione, ed in tutti quegli altri casi in cui, per espressa disposizione di legge, la collazione non può avvenire se non mediante imputazione, la donazione resta ferma, nonostante la sopravvenuta apertura della successione e l'accettazione dell'eredità da parte del coerede tenuto alla collazione. Nella collazione per imputazione il bene rimane sempre di proprietà del coerede donatario, il quale lo trattiene in virtù della donazione ricevuta, e deve soltanto versare nella massa l'equivalente pecuniario del bene, il che di norma avviene soltanto idealmente, con "l'imputarne il valore" alla porzione del donatario.

Mentre nei casi normali il conferimento per imputazione è meramente ideale, in quanto si converte, in conseguenza dei prelevamenti degli altri coeredi a norma dell'art. 725 c.c., in una proporzionale riduzione della massa su cui il donatario può far valere il suo diritto alla quota ereditaria, il conferimento è invece effettivo per l'eventuale eccedenza del valore dei beni donati rispetto al valore della quota ereditaria, giacché per detta eccedenza il coerede è tenuto all'effettivo versamento dell'equivalente pecuniario.

La collazione per imputazione dell'eventuale eccedenza del valore dei beni donati sulla quota dell'erede donatario non può essere regolata dalle norme sulla divisione, in particolare sui conguagli divisionali, ma ricade invece sotto la disciplina delle norme dettate espressamente per la collazione. Il debito relativo a tale eccedenza deve essere, quindi determinato secondo il tassativo dettato della già menzionata norma di cui all'art. 747 c.c. con riferimento al potere di acquisto della moneta al tempo dell'apertura della successione e costituisce debito di valuta, soggetto come tale al principio nominalistico, il diritto dell'erede non donatario, nei confronti del coerede conferente per imputazione, avendo per oggetto originario non già i beni. La misura di questo conguaglio si ottiene dividendo pro quota fra tutti i coeredi nei cui confronti opera la collazione, compreso il donatario, il valore dei beni relitti e del bene conferito per imputazione, stimati gli uno e gli altri secondo i valori del tempo dell'aperta successione, e poi sottraendo dalla quota del donatario il valore della donazione ricevuta. Sull'eccedenza, così calcolata, sono dovuti gli interessi dal tempo dell'apertura della successione che costituiscono tale eccedenza, sebbene l'equivalente pecuniario di essi da determinarsi nel modo anzidetto.