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Categoria: STATO CIVILE

Corte Costituzionale, sentenza 10 novembre 2022 (dep. 27 dicembre 2022), n. 269

Stato civile - Rettificazione giudiziale di attribuzione di sesso - Effetti della sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso sull'unione civile preesistente - Scioglimento dell'unione civile.


La Corte Costituzionale dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 1, comma 26, della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze), 31, commi 3 e 4-bis, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), quest’ultimo aggiunto dall’art. 7 del decreto legislativo 19 gennaio 2017, n. 5, recante «Adeguamento delle disposizioni dell’ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, nonché modificazioni ed integrazioni normative per la regolamentazione delle unioni civili, ai sensi dell’articolo 1, comma 28, lettere a) e c), della legge 20 maggio 2016, n. 76», e 70-octies, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), aggiunto dall’art. 1, comma 1, lettera t), del d.lgs. n. 5 del 2017, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dal Tribunale ordinario di Lucca, in composizione collegiale, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

In tema di accertamento del requisito di rilevanza, la questione sollevata deve avere nel procedimento a quo un'incidenza attuale e non meramente eventuale. Il giudice a quo ha del tutto obliterato l'esame della domanda dell'attore, superandolo con l'affermazione secondo la quale “in base al diritto vivente […] l'intervento chirurgico modificativo dei caratteri sessuali primari non integra un prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione, bensì un possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico» e, così facendo, non ha ottemperato all'esigenza di svolgere un approfondimento in ordine alla effettiva necessità di un siffatto trattamento.

Se i requisiti dell'attualità e della rilevanza di una questione di legittimità costituzionale devono essere valutati allo stato degli atti e dell'iter decisionale, essi non possono ritenersi integrati sulla base di un'eventuale e teorica applicabilità della norma indubbiata. Tanto si realizza nel caso in esame, in cui il giudice a quo ha sollevato le questioni a tutela della continuità del preesistente vincolo, senza motivare sul diritto dell'attore ad ottenere la sua rettificazione del sesso: passaggio, questo, essenziale, nel suo carattere preliminare, in quanto volto a spiegare le ragioni per le quali il rimettente ritenga di essere necessariamente tenuto a fare concreta applicazione delle norme che censura.