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Categoria: EDILIZIA

Consiglio di Stato, sentenza 21 agosto 2023, n. 7849, sez. VI

Condono edilizio – Prova della data di ultimazione dei lavori.


Per quanto riguarda la sanatoria straordinaria disciplinata dalle L. n. 47 del 1985, L. n. 724 del 1994 e L. n. 326 del 2003, va detto che essa costituisce un beneficio che può essere concesso solo in presenza di determinati requisiti, e che è disciplinata da una disciplina assolutamente speciale e derogatoria che non prevede alcun termine di estinzione del potere dell'amministrazione di provvedere, fatta salva la formazione del silenzio-assenso previsto dall'art. 35, comma 14, della L. n. 47 del 1985. Di conseguenza, l'esercizio del potere di provvedere sulle istanze di condono, presentate ai sensi delle leggi citate, sono sufficientemente motivate, ove l'esito sia negativo, con l'indicazione dell'assenza dei requisiti richiesti, senza che sia necessario che l'amministrazione, anche a distanza di tempo, indichi le ragioni di interesse pubblico idonee a supportare il diniego di sanatoria ed a prevalere sull'affidamento del privato, non essendo peraltro individuabile a monte alcun affidamento meritevole di tutela sull'accoglimento di una domanda di condono sprovvista dei requisiti di legge.

Per quanto riguarda l'individuazione della data di completamento delle opere, rilevante anche ai fini dell'accertamento della formazione del silenzio assenso sulla domanda di condono, va in primo luogo chiarito che, per costante giurisprudenza, l'onere della prova circa la data di commissione dell'abuso incombe sull'interessato ovvero sul richiedente la sanatoria, e che solo concreti, specifici e rigorosi elementi di prova, non limitati a semplici allegazioni, sono idonei ad assolvere tale onere.

L'accoglimento della domanda di condono edilizio per silentium, può aver luogo solo ove la domanda a tal fine presentata dal privato possieda i presupposti sostanziali per essere accolta, tra i quali rientra anche la dimostrazione del requisito relativo al tempo di ultimazione dei lavori.

Nell'ambito del processo amministrativo, la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà è inutilizzabile; in quanto, sostanziandosi in un mezzo surrettizio per introdurre la prova testimoniale, non possiede alcun valore probatorio e può costituire solo un mero indizio che, in mancanza di altri elementi gravi, precisi e concordanti, non è idoneo a scalfire l'attività istruttoria dell'amministrazione. L'attitudine certificativa e probatoria della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà e delle autocertificazioni o auto dichiarazioni è limitata a specifici status o situazioni rilevanti in determinate attività o procedure amministrative e non vale a superare quanto attestato dall'amministrazione, sino a querela di falso, dall'esame obiettivo delle risultanze documentali.

Ai fini del condono edilizio la prova in ordine alla data di ultimazione dei lavori deve essere rigorosa e deve fondarsi su documentazione certa e univoca e, comunque, su elementi oggettivi, non avendo alcuna rilevanza eventuali dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o mere dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate.

L'efficacia probatoria privilegiata dell'atto notarile - sancita dall'art. 2700 c.c. e relativa alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l'ha formato, alle dichiarazioni al medesimo rese e agli altri fatti innanzi a questo compiuti - non si estende al contenuto intrinseco e alla veridicità delle dichiarazioni rese dalle parti, né agli apprezzamenti e alle valutazioni del notaio rogante; tuttavia, qualora il comparente abbia dichiarato di essere affetto da sordità perché parzialmente privo dell'udito, ma in grado di leggere e scrivere, tale dichiarazione, in quanto proveniente dalla stessa parte interessata e documentata dal notaio come evento avvenuto in sua presenza, può essere rimossa soltanto con la querela di falso, non trattandosi di una valutazione personale del professionista.