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Categoria: DIVISIONE

Cassazione, ordinanza 8 settembre 2023, n. 26186, sez. II civile

 
Contratto di divisione – Contestazione - Comune intenzione delle parti – Interpretazione.

L'accertamento del giudice di merito circa la stipulazione di un contratto di divisione, se formulato sulla base di una adeguata e logica motivazione, scevra da vizi giuridici, è insindacabile in Cassazione, senza che valga di per sé ad inficiare l'idoneità dell'accertamento.

È jus receptum che l'interpretazione delle clausole contrattuali costituisce apprezzamento di fatto affidato al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo per insufficienza o contraddittorietà della motivazione, tale da non consentire la ricostruzione dell'iter logico seguito per giungere alla decisione, ovvero per violazione delle norme ermeneutiche, la quale però deve essere dedotta precisandosi in qual modo il ragionamento del giudice di merito abbia deviato da esse, perché in caso diverso, le critiche dell'apprezzamento operato dal suddetto giudice e la prospettazione di una diversa interpretazione costituiscono una censura inammissibile in sede di legittimità, onde la sentenza impugnata non è suscettibile di cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 per il solo fatto che gli elementi considerati dal giudice di merito siano, secondo l'opinione del ricorrente, tali da consentire una diversa valutazione, conforme alla tesi da lui sostenuta.

Venendo in discussione la corretta interpretazione delle norme sullo scioglimento della comunione e quindi la violazione delle norme di diritto ad essa afferenti, non rilevano i supposti errori motivazionali della decisione impugnata, perché, come si desume dall'art. 384 c.p.c., quando viene sottoposto a sindacato il giudizio di diritto, il controllo del giudice di legittimità investe direttamente anche la decisione, non è limitato alla plausibilità della giustificazione.

Sicché un giudizio di diritto potrà risultare incensurabile anche se mal giustificato, perché, secondo quanto prevede appunto l'art. 384 c.p.c., comma 4, la decisione erroneamente motivata in diritto non è soggetta a cassazione, ma solo a correzione da parte della corte, quando il dispositivo sia conforme al diritto.