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Cassazione, ordinanza 10 luglio 2025, n. 18871, sez. V

Reddito da plusvalenza-Art. 5, comma 3, D.lgs. n. 147/2015- Accertamento.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la disposizione di cui all'art. 5, comma 3, del D.Lgs. n. 147 del 2015, ai fini dell'accertamento delle imposte sui redditi, esclude che l'Amministrazione possa ancora procedere a determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro, ipotecaria o catastale, dovendo invece provvedere a individuare ulteriori indizi, dotati di precisione, gravità e concordanza, che supportino adeguatamente il diverso valore della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente (così, ad es. Cass. n. 31372/2024; Cass. n. 12131/2019; Cass. n. 9513/2018; Cass. n. 19227/2017). Il richiamato indirizzo, per vero, si è formato in relazione ad ipotesi nelle quali l'Ufficio contestava al contribuente di aver dichiarato un importo inferiore a quello effettivamente percetto, accertando una maggiore plusvalenza; esso, tuttavia, afferma un principio valevole anche per la presente fattispecie, nella quale la pretesa erariale, con la quale è contestata la deduzione di un costo eccessivo da parte del contribuente, postula che il valore effettivo sia inferiore a quello dichiarato. In ogni caso, infatti, e nell'ottica delle norme la cui violazione è qui denunziata, l'Ufficio deve individuare elementi specifici, e dotati dei requisiti richiamati, che supportino l'accertamento di un corrispettivo diverso rispetto a quello dichiarato. A questa modalità di individuazione di un diverso valore non è conforme il criterio di cui all'art. 2, comma 4, del D.P.R. n. 460/1996, che, di fatto, esonera l'Ufficio dall'assolvere il proprio onere probatorio.