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Cassazione, sentenza 26 settembre 2016, n. 18844, sez. I civile

SOCIETA' - DI PERSONE FISICHE - SOCIETA' IN ACCOMANDITA SEMPLICE - NORME APPLICABILI - Delibera di esclusione dalla società del socio accomandatario - Revoca dello stesso dall'amministrazione della società - Autonomia dei due atti - Configurabilità - Fondamento - Incidenza della revoca sullo stato di socio dell'amministratore - Sussistenza - Esclusione.
In tema di amministrazione nella società in accomandita semplice, per effetto della regola per cui l'amministratore non può che essere un socio accomandatario, l'eventuale esclusione di questi dalla società, non diversamente da qualsiasi altra causa di scioglimento del rapporto sociale a lui facente capo, ne comporta "ipso iure" anche la cessazione dalla carica di amministratore, mentre non è predicabile il contrario, ben potendo sussistere, in tale compagine, anche soci accomandatari che non siano amministratori, come desumibile dall'art. 2318 c.c.; ne consegue che le questioni dell'esclusione del socio e della revoca dell'amministratore per giusta causa restano distinte e non sovrapponibili, per disciplina legale e presupposti differenti, essendo l'eventuale revoca dalla carica di amministratore non incidente sulla qualità di socio dello stesso.
SOCIETA' - DI PERSONE FISICHE - SOCIETA' SEMPLICE - SCIOGLIMENTO - ESCLUSIONE - AD OPERA DEGLI ALTRI SOCI - PROCEDIMENTO - Ricorso all'autorità giudiziaria - Presupposti - Società composta da due soli soci - Applicabilità alle società composte da più di due soci - Esclusione - Delibera a maggioranza - Necessità - Esistenza di due gruppi d'interesse omogenei e contrapposti - Irrilevanza - Ragioni.
In tema di società di persone, il ricorso all'autorità giudiziaria per ottenere una pronuncia di esclusione del socio è ammissibile, ex art. 2287, comma 3, c.c., esclusivamente ove la società sia composta soltanto da due soci, trovando altrimenti applicazione l'art. 2287, comma 1, c.c., ai sensi del quale detta esclusione può essere deliberata a maggioranza, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che all'interno della compagine sociale siano eventualmente configurabili due gruppi di interesse omogenei e tra loro contrapposti e che il socio da escludere, in virtù del conflitto d'interessi nel quale versa, non possa esercitare il diritto di voto, dovendosi, in tal caso, la maggioranza necessaria computarsi non già sull'intero capitale sociale, bensì sulla sola parte che fa capo all'avente diritto al voto.