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Categoria: NOTAIO

Cassazione, sentenza 18 maggio 2022, n. 15930, sez. II civile

PROFESSIONISTI - Colpa professionale - Notaio - Omissione esibizione documenti - Sanzioni disciplinari - Condotta - Deontologia - Legge notarile - Sussiste - Conforme.

Costituisce un principio di deontologia professionale, recepito in maniera formale tra quelli posti a presidio del decoro della professione, il dovere del notaio di collaborare con lealtà con il Consiglio notarile al fine di consentire al predetto organo di esercitare nel modo più efficace il potere di vigilanza e di controllo nel quadro della tutela del prestigio della categoria. E da tempo ha specificato che l'art. A.4.1, lettera b), dei "Principi di deontologia professionale dei notai" - che costituiscono regole di condotta volte a conformare il comportamento del notaio alle norme dell'etica professionale, la cui enunciazione è istituzionalmente rimessa all'autonomia del Consiglio notarile, ai sensi della L. 27 giugno 1991, n. 220 - espressamente prescrive tale dovere di collaborazione, stabilendo, in particolare, che il notaio è tenuto a comunicare al Consiglio i dati e le informazioni in genere che gli sono richieste, riguardanti la propria attività professionale, e ad esibire o trasmettere copie, estratti del repertorio ed atti, registri, libri e documenti, anche di natura fiscale. Cosicché il notaio che non fornisce al Consiglio la documentazione richiesta, sottraendosi ai controlli dell'organo preposto alla funzione di vigilanza sulla categoria, pone in essere una condotta contraria alla espressa enunciazione di una regola di comportamento professionale, oltre che eticamente riprovevole, improntata a scarsa lealtà, correttezza e limpidezza di comportamento, in contrasto con i principi di deontologia oggettivamente enucleabili dal comune sentire in un dato momento storico e, pertanto, lesiva del prestigio e del decoro della classe notarile e, come tale, sanzionabile ai sensi dell'art. 147 della legge notarile. 

In tema di giudizio disciplinare nei confronti dei professionisti (nella specie, notaio), in caso di sanzione penale per i medesimi fatti, non può ipotizzarsi la violazione dell'art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo in relazione al principio del "ne bis in idem" - secondo le statuizioni della sentenza della Corte E.D.U. 4 marzo 2014, Grande Stevens ed altri c/o Italia - in quanto la sanzione disciplinare ha come destinatari gli appartenenti ad un ordine professionale ed è preordinata all'effettivo adempimento dei doveri inerenti al corretto esercizio dei compiti loro assegnati, sicché ad essa non può attribuirsi natura sostanzialmente penale.

Il legislatore - stabilendo, all'art. 2671 c.c., comma 1, che il notaio o altro pubblico ufficiale che ha ricevuto o autenticato l'atto soggetto a trascrizione, ha l'obbligo di curare che questa venga eseguita "nel più breve tempo possibile" ha escluso la predeterminazione, per tale adempimento, di un termine unico, applicabile in tutti i casi, con la conseguenza che, dovendo il notaio usare, nell'assolvimento dell'obbligo suddetto, quella particolare sollecitudine imposta dall'importanza della formalità e dall'esigenza della più pronta tutela dell'interesse delle parti, indipendentemente da una esplicita richiesta delle stesse, spetta al giudice del merito di stabilire di volta in volta - tenendo conto della particolarità del caso concreto, della natura dell'atto e di ogni altra utile circostanza attinente sia ai tempi ed ai mezzi di normale impiego per l'esecuzione della trascrizione sia alle evenienze non imputabili al notaio - se l'indugio frapposto dal professionista giustifichi l'affermazione della sua responsabilità.

Circa l'asserita indeterminatezza del termine, incompatibile con la responsabilità disciplinare nel segno dell'art. 7 della C.E.D.U. questa Corte spiega, in tema di responsabilità disciplinare dei notai, con precipuo riferimento alla L. n. 89 del 1913, art. 147, comma 1, lett. a), che siffatta disposizione individua con chiarezza l'interesse meritevole di tutela (dignità e reputazione del notaio, decoro e prestigio della classe notarile) e la condotta sanzionata (comportamenti che compromettono tale interesse), il cui contenuto, sebbene non tipizzato, si ricava dalle regole di etica professionale e, quindi, dal complesso dei principi di deontologia oggettivamente enucleabili dal comune sentire di un dato momento storico; e soggiunge che la menzionata norma rispetta, dunque, gli artt. 3, 25 e 117 Cost., ed anche l'art. 7 C.E.D.U., tenuto conto che il principio di tipicità attiene, nella sua assolutezza, alla sola sanzione penale e che detta norma viene integrata dal codice deontologico, il quale è rivolto ad una platea di soggetti perfettamente in grado, per qualificata professionalità, di coglierne perimetro e valenza ed è elaborato dalla loro stessa categoria professionale e che la concreta individuazione della condotta disciplinarmente rilevante, da parte del giudice di merito, non è sindacabile dalla Corte di cassazione, il cui controllo di legittimità sull'applicazione, da parte del giudice del merito, di concetti giuridici indeterminati e clausole generali può solo mirare a verificare la ragionevolezza della sussunzione in essi del fatto concreto.

Il notaio che riceve un atto di trasferimento di diritti reali non di garanzia su immobili privo delle menzioni di cui alla L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1 bis, incorre nel divieto di ricevere atti "espressamente proibiti dalla legge", L. n. 89 del 1913, ex art. 28, comma 1, n. 1, (e sanzionato con la sospensione a norma dell'art. 138, comma 2, della medesima legge), divieto che è violato nel momento stesso della redazione dell'atto nullo, senza che possano spiegare efficacia sanante o estintiva della punibilità eventuali rimedi predisposti dal legislatore per conservare l'atto ai fini privatistici, quale l'eventuale successiva sua conferma, ai sensi del medesimo art. 29, comma 1 ter.

Nel procedimento disciplinare a carico dei notai la mancata concessione delle attenuanti generiche è rimessa alla discrezionale valutazione del giudice, che può concederle o negarle, dando conto della scelta con adeguata motivazione, ai fini della quale non è necessario prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall'incolpato, essendo sufficiente la giustificazione dell'uso del potere discrezionale con l'indicazione delle ragioni ostative alla concessione e delle circostanze ritenute di preponderante rilievo.